Il Fiasco del Costume "Politically Correct" di Adidas: Quando l’Inclusività Diventa una Bagarre
La recente campagna pubblicitaria di Adidas per promuovere la loro collezione dedicata al Gay Pride e alla comunità LGBT ha suscitato molte polemiche e risate. Non tanto per la collezione in sé, che era colorata e inclusiva, ma per una scelta di marketing che sembra aver mandato tutto in fumo.
Il problema sorge quando Adidas decide di far indossare un costume da bagno da donna a un modello uomo, senza specificare il suo genere (etero, transessuale o omosessuale). Secondo alcuni critici, l’azienda sembrava voler "cancellare le donne" e creare un marketing eccessivamente esclusivo.
Ma non è finita qui. Bud Light, l’azienda di birra americana, ha stretto una partnership con un influencer transgender e ha subito visto una diminuzione delle vendite. Ora, gli esperti si chiedono se Adidas si troverà nella stessa situazione.
La protesta contro questa scelta di marketing è esplosa sui social media, con l’hashtag #BoycottAdidas che ha fatto il giro del mondo. Molti utenti si sono schierati contro l’azienda, criticando la mancanza di sensibilità e inclusività nella campagna.
Persino alcune personalità dello sport hanno commentato l’accaduto. Riley Ganes, una stella del nuoto statunitense, ha fatto notare sarcasticamente: "I costumi da bagno da donna non sono accessoriati con un rigonfiamento. L’azienda avrebbe potuto almeno dire che il costume è ’unisex’, ma non l’ha fatto perché si tratta di cancellare le donne".
Insomma, sembra che Adidas abbia scivolato su una buccia di banana con questa campagna. Forse è il momento di tornare a un marketing più inclusivo e di fare una riflessione sul fatto che il politically correct non sempre è la scelta migliore quando si tratta di moda e pubblicità.
22 Maggio 2023 © web writers grippiassociati
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